Cile diario di viaggio – racconto di un tour di 17 giorni: Atacama, Chiloé, Patagonia

Cile diario di viaggio - racconto di un tour di 17 giorni: Atacama, Chiloé, Patagonia

Leggi mio diario di viaggio in Cile, un bellissimo tour di 17 giorni che ho realizzato nel 2017, visitando alcune delle zone più belle del Paese, come l’immenso deserto di Atacama, la magica e particolare  isola di Chiloé  e la grandiosa Patagonia, terra di ghiacciai, di vette e di parchi, popolati da una ricca fauna selvatica.
Leggendo il diario potrai conoscere alcuni dei 25 incredibili posti del Cile che consiglio di visitare.

DIARIO DI VIAGGIO IN CILE
1° giorno: Santiago
Il destino di Santiago è simile a quello di quasi tutte le capitali sud americane. Ci si atterra, le si visitano abbastanza frettolosamente lo stesso giorno dell’arrivo, stanchi per il viaggio e per il fuso orario, e le si rivedono alla fine del viaggio, magari passando la notte prima della partenza con l’immancabile ultima cena del viaggio.
Con Santiago è stato così diverse volte e anche stavolta. Con il vantaggio che, a furia di vederla “a spizzichi e bocconi” in diversi momenti, ho alla fine una visione d’assieme abbastanza buona.

Anna, mia moglie, che mi accompagna in questo viaggio, seguirà invece il destino descritto poc’anzi.
Faccio da cicerone; così, dopo essere arrivati la mattina con un volo Alitalia e lasciate le borse in albergo, ci fiondiamo fuori per respirare l’aria della capitale.

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La porto subito al bianco e elegantissimo palazzo presidenziale La Moneda, dove il presidente Salvador Allende morì durante il colpo di stato cileno del 1973. Si trova sulla piazza principale di Santiago, Plaza de la Constitución
La Moneda ospita anche l’omonimo  Centro Culturale, in cui vengono esposte opere d’arte moderna e contemporanea provenienti da tutto il mondo che, visto il poco tempo che abbiamo, non visitiamo.

Ci fermiamo però  davanti alla statua di Allende, fuori dal palazzo, su cui sono riportate  alcune  parole del discorso finale che ha pronunciato alla radio mentre i soldati si avvicinavano.


Ci dirigiamo quindi a nord lungo calle Bandera fino alla Plaza de Armas piena di palme, il centro originale della città e il suo cuore spirituale. Progettata a metà del 1500 è ancora oggi è il luogo più bello di Santiago. Oltre a ospitare dei giardini ben curati è  attorniata da alcuni degli edifici più belli della capitale come la Catedral Metropolitana, il Municipio, l’Edificio delle Poste e il Museo Nazionale di Storia.

Entriamo nella Cattedrale che ebbe un inizio molto tormentato, in quanto venne distrutta bene tre volte dai terremoti  unisce lo splendore dello stile barocco allo stile classico;

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Visto che è oramai ora di pranzo, decidiamo di  rifocillarci a pochi isolati a nord, al Mercado Central.
Una piccola premessa: il Cile è uno dei maggiori esportatori di pesce e frutti di mare nel mondo.Il miglior pesce cileno a Santiago si trova al Mercado Central, frequentato sia da gente del posto che da turisti.

Oltre alle bancarelle, il mercato ospita diversi ristoranti dove consumare direttamente la materia prima offerta dall’oceano Pacifico   Scegliamo Yiyi, dove ci suggeriscono due piatti rivelatisi poi ottimi: il Locos Papas Mayo (pesce abalone) e Pastel de Jaiba (casseruola di granchio cilena).


Dopo pranzo di  dirigiamo verso il Cerro Santa Lucia,  una collina al centro di Santiago che ospita un magnifico parco, da cui ammiriamo lo splendido  panorama della città dall’alto, con le Ande sullo sfondo. Giusto una capatina al Centro Artesanal Santa Lucia, per ammirare la bellezza dell’artigianato locale e puntiamo ancora nord, al Barrio Bellas Artes, dove si dice che si possa bere il migliore caffè della capitale, che puntualmente beviamo un uno dei tanti bei locali.

Attraversiamo il Rio Mapocho e ci tuffiamo nel colorato barrio Bellavista, un tempo dimora del defunto poeta cileno Pablo Neruda. La casa che ha costruito per la sua amante, “La Chascona” (“quella dai capelli disordinati”), è stata ispirata dalla sua passione per il mare; così è stata  creata la sala da pranzo come la cabina di una barca, mentre l’interno di un faro è stata la fonte per disegnare il  salotto. Già che ci siamo, rimaniamo nel quartire, anche perchè ho voglia di provare Peumayen, un ristorante che consente un viaggio nella storia culinaria cilena, proponendo rivisitazioni di piatti tradizionali mapuche, quechua e dell’isola di Pasqua.

Optiamo verso il menù degustazione vegetariana e di pesce, lasciando quello di carme e quello mistio. Come al solito con Anna mi divido al 50% i vari assaggi; non cè che dire, Bingo!  E’ tutto molto delizioso e condito, oltre che da ottimi vini cileni, anche della spiegazione dei piatti da parte dei camerieri.
Leggi il mio post su Santiago >>

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2° giorno: Santiago / Calama / San Pedro del Atacama
Ecco un giorno che aspettavo da tempo. Guardo dal finestrino le distese di deserti. Arriviamo a Calama, ritiriamo la nostra auto e ci dirigiamo lungo la Ruta 98 alla volta di San Pedro, la capitale del deserto di Atacama, che da secoli rappresenta un ideale punto di sosta sulla rotta tra gli altopiani interni e l’ oceano Pacifico.Il tempo di sistemarci nel nostro albergo e via verso le due mete giornaliere: la valle della Morte prima e quella della Luna poi.


Lungo la Ruta 98 appaiono le rocce rossastre della Valle de la Muerte.  Il nome così truce di questo posto lo si deve probabilmente a un errore di comprensione.  Il missionario gesuita Gustavo Le Paige fu il primo archeologo a esplorare questa zona negli anni ’50 e la soprannominò “valle de Martes” (valle di Marte) per il suo aspetto rosso e desolato simile a Marte. I locali pensavano però che il gesuita dicesse  “Muerte” e  non “Marte”. In realtà la morte ha una sua attinenza.

Il missionario scoprì infatti molti scheletri umani appartenuti agli Atacameño, che vivevano nella zona di San Pedro prima dell’arrivo degli spagnoli e ipotizzò che malati e anziani venivano qui per morire. In ogni caso la valle è estremamente affascinante. La risaliamo lentamente guardandoci attorno, in particolare delle sue formazioni rocciose che sembrano sculture e opere d’arte.

Ci imbattiamo in un terzetto di ciclisti che la risalgono in mountain bike sotto il sole. Arrivati a un punto in cui la strada si restringe, parcheggiamo in qualche modo e, a piedi, arriviamo in cima alla valle da cui si gode un ottimo panorama.

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Un paesaggio simile, ma più grandioso, lo ritroviamo poco dopo nella Valle della Luna, dichiarata Santuario e Monumento Naturale, una sorte di viaggio tra paesaggi extraterrestri. E’ un luogo unico, famoso per le sue sculture minerali naturali, una delle quali è “Las Tres Marías” formata dall’erosione del vento, in uno scenario lunare.

Ci arriviamo poco prima del tramonto e abbiamo comunque tempo per esplorarla e ammirarla per bene, prima di salire sulla Duna grande. Dopo neanche circa 15 minuti di cammino siamo in cima, tiriamo fuori dal mio zainetto una bella e fresca bottiglia di Sauvignon cileno, due bicchieri trafugati dalla stanza del nostro albergo e alcuni stuzzichini comperati a un bazar di San Pedro e, brindando alla luna (che non c’è  ancora) beviamo e ammiriamo dall’alto le  creste rocciose,  le dune di sabbia e le vallate che si distendono davanti a noi e che si stemperano con gli ultimi raggi di sole. Semplicemente fantastico!

Leggi il mio post su San Pedro de Atacama >>
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3° giorno
: Salar de Atacama, Lagune Minique e Miscanti
Oggi faremo un tour classicissimo a San Pedro che ci porterà a due lagune che si trovano oltre i 4000 metri.
Raggiungiamo Toconao, lungo il Canyon di Jerez, a un’altitudine di 2.475 metri. E’ un paesino dove si prende confidenza con il modo tradizionale di costruire da queste parti; ad esempio la chiesa di San Lucas, con la sua tipica torre campanaria, è fatta con fango e paglia.

La strada scorre non lontano dal Salar de Atacama, 10 km a sud di San Pedro, la più grande pianura salata del Cile, una robusta crosta di sale di circa 3000 km quadrati, creatasi per l’evaporazione delle acque provenienti dalle Ande. Siamo nella Reserva Nacional Los Flamencos; il Salar è la casa di tre specie di fenicotteri (andino, cileno e di James ).


Ci fermiamo presso la laguna Chaxa per cercarli di ammirare da vicino. A differenza di altre saline, che sono superfici lisce di sale cristallino, il Salar de Atacama è un formato da rocce frastagliate.La strada è appena stata rifatta, sembra un tavolo da biliardo tanto è liscia; sale progressivamente sino a raggiungere le due sorelle lagune. Proseguendo, dopo pochi chilometri, si raggiunge l’Argentina.La laguna di Miniques si trova a 4150 metri di altezza e si è formata con lo scioglimento delle nevi e dei ghiacci dell’omonimo vulcano, alto 5910 metri.

Miscanti ha una altitudine leggermente inferiore (4140 metri) e viene controllata a distanza dal cerro Miscanti di 5622 metri di altezza. La giornata è perfetta, solo qualche nube nel cielo di un azzurro sfolgorante, che si rispecchia nel blu delle lagune. Alcuni immancabili fenicotteri sono apparentemente immobili nell’acqua, mentre alcune vigogne pascolano poco lontano dalle rive.

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L’altitudine si fa sentire leggermente, quando a piedi percorriamo il facile sentiero che collega le due lagune.
Il ritorno è veloce; arriviamo in tempo giusto per comperare due birre e un pacchetto di patatine e raggiungere una altura di fronte alla valle della Luna, per goderci il tramonto su deserto.


4° giorno: Machuca-geyser El Tatio-Termas de Puritama
Anche oggi raggiungeremo  un’altitudine di  tutto rispetto, 4.320 metri sul livello del mare, per visitare i Geyser del Tatio, uno dei campi geotermici più importanti al mondo. Decidiamo però di non partire all’alba, come si fa tradizionalmente per questa escursione, ma ce la prendiamo comoda. La strada è sterrata ma è percorribile con un po’ di attenzione anche da un’auto normale. Ovviamente con il pick up andiamo via lisci.

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Prima sosta al graziosissimo villaggio di Machuca, dove l’originale e tradizionale architettura altiplanica si manifesta nella splendida, minuscola e fotogenica chiesa di San Giacomo. Il paese è  formato da una ventina di case; mi chiedo la quantità di globuli rossi che scorre nel sangue degli abitanti, considerando che Machuca si trova a 4000 metri di altezza!

El Tatio si trova non molto distante; quando arriviamo sono da poco partiti i minivan che hanno accompagnato i turisti all’alba ed è praticamente tutto per noi. C’è solo ma non fa molto caldo e camminiamo lungo il sentiero che si snoda tra fumarole che raggiungono facilmente i 10 metri di altezza e i geyser fino a 8 metri.  Volendo ci si può immergere in una pozza di acqua termale ma aspettiamo di metterci in costume da bagno.

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Ripresa la strada per San Pedro, ci fermiamo infatti alle Termas de Puritama. Parcheggiato il pick up, dopo una ventina di minuti di piacevole camminata raggiungiamo le piscine e le cascatine che formano il complesso termale.
La serie di vasche formate dalle sorgenti termali sono invisibili dall’alto, da dove si vede solo uno squarcio lineare e frastagliato nella terra.

Gli Atacameño usavano le acque per scopi medicinali – e ora sono raccomandate per una serie di disturbi, tra cui stress e stanchezza.
Una serie di cascatine si rivelano perfette per un idro massaggio completo e a cielo aperto.
Il paesaggio è idilliaco; piccoli pesci nuotano nell’acqua calda, accanto a una serie di uccelli che si tuffano dentro e fuori dall’erba della pampa e libellule che c svolazzano attorno.

5° giorno: San Pedro- Iquique
Partiamo da San Pedro subito dopo colazione. Ci aspettano un po’ di chilometri su una strada che è praticamente un lungo nastro d’asfalto, la cui unica curva è quella a 90° necessaria per immettersi a Crucero sulla Panamericana 5, provenendo dalla Ruta 24 da Calama. Lungo il percorso ci sono carcasse d’auto corrose dalla ruggine, testimoni dei colpi di sonno in cui si sono imbattuti i conducenti nella monotonia del viaggio.

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I geroglifi del Cerro Pintados sono il primo punto di interesse dopo centinaia di chilometri. Sono circa 400 figure incise sulla roccia sulle colline, che rappresentano uccelli, serpenti, puma, e gruppi di lama e vigogne, alcune ben visibili dalla strada, altre meglio osservabili prendendo una strada sterrata che porta al centro visite della Reserva Nacional Pama del Tamarugal.

Una volta parcheggiata l’auto, percorriamo un interessante sentiero che consente di vedere da vicino alcuni geroglifi e ne spiega la funzione. La teoria più accreditata è che fossero dei giganteschi “segnali stradali” per indicare la direzione ai pastori dell’epoca, circa 1000 anni a.C.

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Riprendiamo alla volta di Humberstone e Santa Lucia, due città fantasma che si trovano a circa 1 ora di auto da Iquique. La loro storia è comunque a quella di altre cittadine, nate dal nulla in seguito a una dirompente attività commerciale che, nel giro di qualche decennio, sfiorirono con il declino della produzione a cui erano intimamente legate. In questo caso si tratta della produzione di nitrati, che ebbero 50 di gloria in Cile, dal 1870 sino al 1920, quando iniziarono essere prodotti sinteticamente e le raffinerie cilene non furono più convenenti.


Humberstone, dichiarata dal 2005, Patrimonio dell’Umanità UNESCO venne abbandonata nel 1960. Aggirandosi per la piccola città, è possibile rivivere i bei tempi che furino. Ci hanno impressionati in particolare gli spazi comuni, come il teatro dove si esibirono famosi artisti, la sala da ballo, la piscina, il mercato, che fanno veramente ideai della vita che si passava in questa cittadina.

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Arriviamo a Iquique nel pomeriggio. Anche questa città ha vissuto il periodo d’oro dei nitrati. Lo stile ricercato di molti suoi edifici lo si deve alla ricchezza che investì molto persone, brave a sapere sfruttare il processo di  produzione e commercio dei nitrati. Ci facciamo una bella passeggiata per Calle Baquedano, lungo i suoi marciapiedi di legno, passando in rassegna alcuni dei palazzi dell’era d’oro di Iquique e arriviamo così a Plaza Prat, attorno a cui ruota la vita della cittadina.

In mezzo alla piazza spicca Torre Reloj del 1877, con la sua scintillante torre dell’orologio bianco e gli archi moreschi. Un aspetto particolare della piazza è il Teatro Municipal, con la sua facciata adornata da colonne corinzie che rappresentano le 4 stagioni.

Leggi il mio post su Iquique >>

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6° giorno: Iquique-Arica -Putre
Subito dopo colazione, caricati i bagagli sul pick up, cerchiamo un gommista per un controllo al pneumatico posteriore destro. E’ già da un paio di giorni che, gonfiato la mattina, alla fine della giornata risulta un po’ molle. Considerate le zone desolate che andremo a percorrere, è meglio avere il mezzo in ordine. Infatti, il gommista trova e ripara un buco, così partiamo tranquilli.


A Huara facciamo una deviazione per ammirare il Gigante di Atacama, una figura stilizzata di un guerriero, alta quasi 120 metri, che si trova sul Cerro Unitas.

E’ considerata la più grande figura antropomorfa conosciuta e venne creato probabilmente tra il 1000 e il 1400 d.C. da una serie successiva di culture indigene tra cui gli Inca. L’imponente figura riposa tra decine di immagini più piccole incise sul terreno. Le immagini sono state create scavando le linee del disegno e posizionandovi sopra pietre e sabbia. Alcuni archeologi pensano che, molto probabilmente, servivano a uno scopo pratico. L’immagine sarebbe stata utilizzata per prevedere l’arrivo del cruciale periodo piovoso stagione.

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Arriviamo prima di mezzogiorno ad Arica, la città più settentrionale del Cile e rendiamo omaggio a Gustave Eiffel, progettista della famosa torre parigina e della locale chiesa di san Marcos. Il suo tratto è riconoscibile. Curioso il modo con cui fu costruita: i singoli pezzi della chiesa furono realizzati  n Francia e assemblati ad Arica, dopo essere trasportati via nave.

Visita d’obbligo alle più antiche del mondomummie, risalenti al 6000 a.C. Le mummie appartengono a 32 individui Chinchorro, una antica popolazione costiera e sono incredibilmente ben conservate. Si trovano sotto un pavimento di vetro e sono disposte nella posizione fetale, come era tradizione in questa zona, così come furono trovate.

Leggi il mio post su Arica >>

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La Chile 11, la strada che porta a Putre tira per bene, anche perché ci porta in circa 150 chilometri da 0 a 3500 metri sul livello del mare. E’ il motivo per cui, diversi viaggiatori stanno male, volendo visitare il Parco nazionale Lauca, partendo da Arica, senza un minimo di acclimatamento.
Il verde della vallata del Rio Lluta lascia progressivamente spazio al rosso e al colore sabbia di impervi paesaggi montani. Una breve sosta a Socorama, un minuscolo villaggio aymara con a graziosa chiesetta, raggiunto con una tortuosa strada in picchiata, ed eccoci a Putre, un bel paesino con una bella e ampia piazza.  Ci sistemiamo al Terrace lodge, gestito da connazionali e ci godiamo l’atmosfera rilassata del villaggio.

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7° giorno: Putre – Parco nazionale Lauca – Salar de Surire – Parco nazionale Volcan Islunga – Colchane
Siamo fortunati perché la giornata è veramente magnifica. Siamo alla fine di dicembre, quando inizia la stagione sconsigliata per visitare queste zone, per via del rischio di trovare intense piogge che rendono la marcia poco agevole.

Prima di partire, prudenzialmente, facciamo nuovamente gasolio e riempiamo anche una tanica supplementare che, prudenzialmente, abbiamo acquistato. Il percorso di oggi è di circa 230 chilometri, ma poi, una volta arrivati a Colchane bisogna fare ancora strada p er trovare a Pozo Almote, sulla Panamericana 5. Ci dirigiamo verso il Parco nazionale Lauca, Riserva della Biosfera dell’UNESCO. In questa zona vivono circa 200 persone Aymara,  secondo il loro stile di vita tradizionale. Ospita oltre 130 specie di uccelli vivono qui e ne fanno una delle migliori aree di birdwatching nel nord del Cile.

Leggi il mio post sul Parco nazionale Lauca e la Riserva Las Vicuñas >>

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La prima delizia della giornata è il
villaggio di Parincota, uno dei più belli di tutto il Cile. L’attrazione è l’Iglesia Parinacota imbiancata a calce del 1789. All’interno ammiriamo murales raffiguranti peccatori e santi. Una pia signora ci racconta in uno spagnolo non facile da comprendere, la leggenda del  “tavolo che cammina“, che è stato incatenato al muro per paura che porti la morte nel villaggio. Pare infatti che, se non bloccato, si muova durante la notte e si fermi davanti all’uscio di casa della persona destinata a morire.

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Poco dopo ammiriamo il lago Chingará, sul confine con la Bolivia a una altitudine di 4.517 metri sul livello del mare; è considerato uno dei laghi più alti al mondo. Non è molto profondo e le sue acque arrivano dal vicino Volcán Parinacota, a 6.330 metri, che si specchia sulla superficie del lago.

La strada scorre abbastanza veloce, guidare un pick up ci rassicura, sia per l’altezza del veicolo sia per lo spessore  dei pneumatici che dovrebbero metterci al sicuro da forature. Non fa piacere trovarsi in panne da queste parti, e bisogna fare affidamento unicamente sulle proprie capacità di sistemare le cose o sulla bontà del prossimo.
Nel nulla, un anziano fa autostop; lo tiriamo naturalmente a bordo. Dopo un trentina di chilometri, a un bivio, si fa lasciare sempre nel nulla, nessun casa all’orizzonte! Tranquillo, inizia a camminare lungo la strada che progressivamente si allontana da quella che percorriamo. Incredibile.
Per chilometri e chilometri non incontriamo la classica anima viva, alcuni cartelli indicano che siamo nella Reserva nacional Las Vucinas, creata per tutelare questi fragili camelidi, ricercati per la preziosa lana e dall’impossibile addomesticamento.

Mamma vigogna, con i suoi due piccoli, la avvistiamo sullo splendido Salar de Surire. Il nome deriva dalla parola “suri” con cui è chiamato localmente il nandù, una sorte di  struzzo  sudamericano che è possibile ammirare da queste parti.
È veramente magnifico. Il bianco intenso dei depositi salini contrasta con lo sgargiante azzurro del cielo.

Proseguiamo e raggiungiamo le terme di Polloquere, che ammiriamo ma non “utilizziamo” e proseguiamo verso il Parco Nazionale “Volcan Isluga“, a un’altitudine di oltre 4.000 m.

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La strada percorre ampie e brulle zone desertiche e a breve tratti si fa pista; l’idea di infinito
Enquelga e Isluga,  sono due comunità dell’Altiplano, circondate da una steppa dove abbondano lama e vigogne. Fantastica la chiesa di Isluga, che risale al XVII secolo e si distingue per la sua bellezza e fotogenicità. Arriviamo poco prima del tramonto a Colchane, un villagigo aymara tra Cile e Bolivia, a circa 3.750 m di altitudine. E’stata una giornata lunga e tosta. Il semplicissimo ospitale alberghetto Camino del Inca è l’unica soluzione della zona. Va benissimo così!

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8° giorno: Colchane- Iquique- Puerto Montt – Isola di Chiloé
Oggi giornata di trasferimenti. Lasciamo l’auto a Iquique e ci imbarchiamo per Santiago dove facciamo scalo per reimbarcarci dopo un’oretta di attesa a Puerto Montt. Ritiriamo l’auto in aeroporto e ci dirigiamo verso l’isola di Chiloé, la nostra meta, distante circa 60 chilometri. Prendiamo al volo il  traghetto da Pargua;  in circa un quarto d’ora attraversiamo il Canal de Chacao e siamo nell’isola.

Incredibile ce l’abbiamo fatta! Ventiquattro ore prima eravamo ai confini con la Bolivia, dopo  avere attraversato brulli altopiani desertici attorniati da  vulcani e montagne e ora siamo nella Regione dei Laghi. Wow!

Leggi il mio post sull’isola di Chiloé >>

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9° giorno – 11° giorno: isola di Chiloé
Quando il grande Charles Darwin visitò Chiloé pare che abbia detto: “In inverno il cima è detestabile e in estate è solo un poco meglio”.
Guardiamo la finestra rigata dalle gocce di pioggia e ci diciamo che è meglio prendere l’acqua qui che nel Grande Norte. Comunque facciamo buon viso a cattivo gioco e usciamo alla scoperta dell’isola. Saranno tre giorni molto belli e intensi!


Chiloé non è molto grande; è lunga circa 180 chilometri da un estremo all’altro e larga 50. E’ Patrimonio dell’Umanità UNESCO per le sue 16 chiese in legno, costruite generalmente nel XVIII° secolo, la cui particolarità è l’utilizzo di sopraffine tecniche ebanistiche, che non prevedono l’uso di chiodi. Sono costruite generalmente vicino al mare e sono sparse un po’ in tutta l’isola.

Così, con la scusa di andarle e visitare, si gira un po’ tutta Chiloé, che a noi ha ricordato molto, sia per il clima che per i paesaggi, la Gran Bretagna, in particolare il Galles.
Tra le chiese che ci sono piaciute di più, sia per la posizione che per l’arredo o per il loro vivace colorie quelle di San Francisco de Castro, San Juan, Achao e Chonchi.

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La capacità di lavorare il legno lo si vede anche nelle palafitte di Castro, la principale cittadina dell’isola.
Le prime palafitte di Chiloé risalgono al XIX secolo e hanno la particolarità di avere due fronti: uno rivolto verso il mare, dove erano solite ‘parcheggiare’ le piccole imbarcazioni, e un altro che si affaccia sulla strada. Ora una parte di loro è stata convertita in alberghi o in ristoranti o locali. Comunque rappresentano un formidabile colpo d’occhio per i loro colori.

Abbiamo fatto delle belle camminate nel Parco nazionale Chiloé, grazie ai sentieri ben tracciati, che consentono di immergersi nella bellezza boschi, laghi, colline e di percorrere lunghi tratti sulla spiaggia.

Ovviamente non ci siamo fatti sfuggire la visita alla Pinguineras che si trova vicino alla tranquilla Ancud, la capitale di Chiloé, Con una semplicissima escursione abbiamo fatto la conoscenza con i pinguini di Humboldt e di Magellano ben visibili, che popolavano gi scogli poco distante dalla riv

L’ultima sera ho gustato finalmente il mitico curanto, il classico piatto di Chiloé, un’esperienza gastronomica davvero indimenticabile. La cucina dell’isola si basa  ovviamente molto sul pesce, unito però alla carne, retaggio della presenza di missionari e di coloni tedeschi a Chiloé.

Quindi nel curanto la carne, il pesce e le patate vengono mescolati e cotti sottoterra, a un metro di profondità, grazie ad una specie di brace sotterranea.  Un modo di cuocere il cibo tipico della cultura polinesiana, che consente di mantenere una temperatura costante e di cuocere lentamente il cibo, favorendo l’amalgama dei sapori e rendendo la carne e i frutti di mare morbidi, succosi e saporitissimi. L’amalgama non è solo dei sapori; la preparazione del piatto è molto lunga, ed è preferibile l’intervento di diverse persone per distribuire equamente l’onere del lavoro.

Tre giorni a Chiloé sono così veramente volati. Te la consiglio vivamente!
Nel tardo pomeriggio  del 11°giorno, prendiamo il traghetto per Pargua e rientriamo a Puerto Montt, dove passiamo la notte, in attesa di spiccare il volo verso la Patagonia meridionale.

Leggi il mio post sull’isola di Chiloé >>

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12° giorno: Puerto Montt- Punta Arenas – Parco nazionale Torres del Paine
Mi fa sempre un certo effetto varcare i cancelli del Parco nazionale Torres del Paine, una icona mondiale della conservazione della Natura. Siamo arrivati qui, dopo avere volato da Puerto Montt a Punta Arenas con un volo Sky Airlines, ritirato l’auto alla Hertz e coperto poi gli oltre 300 chilometri sino all’area protetta.

Per chi dorme in tenda ci sono diverse sistemazioni all’interno del parco. Gli alberghi sono pochi e molto cari; negli ultimi tempi è aumentata l’offerta di posti letto, grazie a nuovi lodge o estancias,  ma bisogne vedere bene la loro ubicazione, perché in aluni casi sono molto distanti dagli ingressi al parco e, paradossalmente, conviene passare la notte e Puerto Natales.

In ogni caso gli dei ci sono stati favorevoli e sono riuscito a trovare una camera all’Hosteria Pehoé, a prezzi decenti e da last minute, in un posto strategico per visitare il Parco. Domani si inizia!

Leggi il mio post sul Parco nazionale Torres del Paine >>
Leggi il mio post su quando andare in Patagonia >>
Leggi il mio post su cosa vedere in Patagonia >>

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13° giorno: Mirador Las Torres
Oggi una bella sgambata per ammirare dalle rive di un laghetto le imponenti Torres. Per chi è discretamente allenato, il percorso non è particolarmente impegnativo. Sono comunque complessivamente 18 chilometri tra andate e ritorno, con un dislivello in salite di circa 900 metri. La partenza è nei pressi di un centro informazioni vicino all’hotel Las Torres. Da qui il sentiero inizia a salire abbastanza tranquillamente sino al Refugio Chileno. Seguono poi circa tre chilometri che scorrono in una foresta, dopodichè inizia la parte più impegnativa. Il sentiero si impenna e guadagna quota insinuandosi tra diversi massi, alcuni giganteschi.

Dopo tre quarti d’ora circa sbuchiamo al Mirador, scendiamo sulle rive del laghetto, ci stendiamo su delle rocce e ammiriamo lo spettacolo delle Torres che ci parano davanti. La camminata vale sicuramente  la pena: trovarsi di fronte le Torres fa un effetto incredibile.

Al ritorno, mentre in auto percorriamo la strada che ci riporta all’Hosteria, una apparizione incredibile. Un puma, sbucato da non so dove, attraversa tranquillamente la strada e risale lentamente il pendio che si trova davanti. Un imbecille scende da un auto e gli corre dietro con il cellulare in mano, per cercare uno scatto migliore, non rendendosi conto del rischio che corre. Fortuna sua il puma non se ne accorge.

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14° giorno: valle Francés
Oggi è il turno di una facile escursione, considerata però tra le più belle del Parco. La valle Francés può essere percorsa o con una escursione giornaliera o durante il trekking W. Attraversiamo il lago Pehoé; da qui iniziamo a salire su un facile sentiero e ci appaiono i Cuernos del Paine, raggiungiamo il lago Skottsberg e lo costeggiamo per un tratto. Continuiamo verso il campo italiano; dopo averlo superato arriviamo in circa un’ora e mezzo di cammino a un mirador da cui ssi gode una vista spettacolare sulle vette circostanti.

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15° giorno: Parco Torres del Paine-El Calafate
Ci svegliamo di buon mattino, sotto la pioggia. Poco male, oggi è una giornata di trasferimento. Andiamo in Argentina per raggiungere El Calafate, la base ideale per visitare sua maestà Perito Moreno.

Per passare la frontiera bisogna dotarsi di una specifica documentazione da chiedere quando si prenota l’auto. Sono 290 chilometri da coprire, la strada passa nel cuore della Patagonia e, in prossimità della nostra meta, vediamo vigogne e nandù nelle sterminate praterie che fiancheggiamo il percorso.

El Calafate ha avuto un boom edilizio grazie e soprattutto alla sua vicinanza con il Perito Moreno e, nel giro di poco tempo, la sua popolazione è lievitata da 4000 a 25.000 abitanti. Calafate gode di un microclima molto più mite rispetto al resto della Patagonia meridionale, grazie alla sua posizione sul lago Argentino.
Ci sistemiamo e facciamo 4 passi nella cittadina per prendere contatto con la realtà locale

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16° giorno: Perito Moreno
La cosa più impressionante del Perito Moreno è sentire la sua voce. Siamo su una passerella di legno di fronte al ghiaccaio. Non siamo soli, ci sono molte altre persone. Credo però che la sensazione di soggezione davanti a questo spettacolo sia comune a tutti.

Nel silenzio del Parque nacional Los Glaciares si sentono una sinfonia di scricchiolii che precedono il boato di un pezzo di ghiaccio che si stacca dal Perito Moreno, per terminare con un sonoro tonfo nell’acqua sottostante. Ancora adesso che rivivo quei momenti scrivendo questo testo, mi viene la classica pelle d’oca per questa fragorosa manifestazione della forza della Natura.


Il Perito Moreno  si estende per 30 chilometri in larghezza ed emerge per oltre sessanta metri sopra le acque del lago Argentino. Sotto la superficie del lago, sprofonda sino a 170 metri. E’ uno dei pochi ghiacciai al mondo ancora in espansione.
Ci siamo goduti da vicino, a bordo di un catamarano, a distanza comunque di sicurezza, la caduta di una massa di ghiaccio nell’acqua.

La giornata è volata via in un battibaleno, anche perché osservare il Perito Moreno è ipnotizzante, come altri show della natura quali il fuoco che arde o le onde che si infrangono sulla sabbia o sugli scogli.
Ci è sembrato quindi logico chiudere in bellezza la giornata, prendendoci un aperitivo veramente speciale, servito in bicchieri di ghiaccio in un bar di ghiaccio. E’ accaduto al Glaciarum che, oltre a essere un eccellente museo in cui si può sapere tutto sui ghiacciai con mostre e filmati in 3D, offre anche questa memorabile esperienza.


17° giorno: El Calafate – Punta Arenas – Santiago
E’ una giornata lunghissima per percorrere a ritroso i quasi 500 chilometri che separano El Calafate con Punta Arenas. Più di 8 ore alla guida per raggiungere in tempo l’aeroporto e imbarcarci per Santiago. Ci siamo ovviamente goduti il paesaggio e i lupini che vivacizzano la strada.

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Mi chiamo Roberto Furlani e lavoro con passione nel Turismo da 30 anni, di cui 15 passati a dirigere l’Ufficio Turismo del WWF Italia (Fondo Mondiale per la Natura) e 12 come Tesoriere di AITR (Associazione Italiana Turismo Responsabile).

Grazie anche a questa ricca esperienza sono oggi Responsabile Prodotto e Tour operator per Evolution Travel (il Network che conta più di 600 consulenti di viaggio on line), per cui ho creato più di 120 programmi di viaggio, con cui potrai scoprire il Centro-Sud America!

Troverai tutta la mia storia nel “chi sono”; aggiungo solo  che per 22 anni sono stato giornalista pubblicista delle pagine scientifiche del Corriere della Sera. E’ stato così per me estremamente naturale dare vita al Travel Blog in cui ti trovi e creare più di 350 post e video che, spero, ti aiuteranno a conoscere e amare intensamente come me questa Regione del nostro Pianeta.

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2 risposte

  1. Complimenti Roberto, racconto e tour stupendo!
    Ma non è stato “difficile” vista la situazione politica nel Paese?
    Soprattutto lato sicurezza nel muoversi con un’ auto noleggiata?
    Comunque davvero complimenti!
    Vincenzo

    1. Ciao Vincenzo, nessun problema per la situazione del Paese e per l’auto a noleggio; le zone “rurali” quali Atacama e Patagonia sono differenti rispetto a quelle urbane, più “rilassate” (almeno questa è la mia esperienza).

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